Ubuntu è il progetto che ci sta a cuore, la filosofia che vorremmo adottare, perché è basato sulla ricerca dell’unità, della sostenibilità e autosufficienza umana.
Per descriverlo meglio ringraziamo l’amica giornalista Katia Pangrazi, che ci ha dedicato uno spazio importante nel famoso magazine Wall Street International. Da quell’articolo di qualche anno fa, abbiamo preso spunto per scrivere e descrivere meglio con qualche ampliamento questa descrizione aggiornata del progetto. Trovate comunque a fine articolo il link originale. Ne abbiamo approfittato per far conoscere e chiarire meglio un poco di storia e i punti chiave del progetto stesso;
Un incontro con Luca Speranza, la visione Grandangolo Ubuntu
Eduardo Galeano, grande anima nonché scrittore uruguaiano, scrisse: “Lei è all’orizzonte. Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l’orizzonte si sposta di dieci passi più in là. Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai. A cosa serve l’utopia? Serve proprio a questo: a camminare”.
Sempre più convinta che nulla avvenga per caso e che, soprattutto, dietro l’apparenza di eventi “negativi”, si celi sempre un insegnamento e dunque un’opportunità di crescita individuale e condivisa. Il viaggio continua. Sono privilegiata, lo ammetto; lungo la via incrocio uomini e donne straordinari. Oggi vi racconto di Ubuntu.
Ubuntu è un progetto locale pensato e concepito come antidoto ai guasti socio-territoriali conseguenti alla globalizzazione selvaggia.
I “nuovi abitanti” quindi, che imboccano la strada dello sviluppo locale auto-sostenibile, interpretano l’identità di un luogo, le sue ricchezze, attenti a produrre trasformazioni dal basso che ne aumentino il valore nel contesto di un sistema aperto a relazioni e a scambi solidali.
“Il progetto denominato anche Uni-villaggio Ubuntu – spiega Luca Speranza, portavoce del progetto – nasce come idea molti anni fa, ma solo nel 2017 si insedia a Contigliano di Rieti in centro Italia. La nostra è una proposta di lavoro condiviso, di ricerca in gruppo, e di ottimizzazione de talenti, e delle abilità reciproche da usare in sinergia per il bene comune.
Obiettivo sociale è puntare su ciò che ci unisce, piuttosto che quello che ci divide; in quanto crediamo in una vita sinergica qui nel pianeta Terra, per vivere bene assieme, mantenendo idee o gusti diversi, nel rispetto degli spazi e dei pensieri altrui. L’idea di voler usare il suffisso ‘UNI-’ al posto di ‘ECO-’ è perché intendiamo concentrare le basi del progetto sull’unità, così come in un orchestra ogni elemento contribuisce alla creazione del “concerto”, dell’opera musicale“, e questo dovrebbe rappresentare una svolta reale nella sua riuscita.
È anche per distinzione da alcuni progetti di ecovillaggi che non hanno funzionato, si sono sciolti o hanno terminato la loro missione prima del previsto, probabilmente perché il focus principale non era improntato sull’unità, ma su vaghe ispirazioni alla natura o sull’ecologia. Valori importantissimi, di certo, ma se privi di uno scopo comune autentico, non sono sufficienti a creare quel principio di contribuzione armonica, che ha portato molti eco-villaggi a trasformarsi in ego-villaggi o ECO-comunità in EGO-comunità”.
Ubuntu è un’espressione della lingua bantu che indica “benevolenza verso il prossimo”. È una regola di vita basata sulla comprensione e il rispetto dell’altro. L’Ubuntu esorta a sostenersi e ad aiutarsi reciprocamente, a prendere coscienza non solo dei propri diritti, ma anche dei propri doveri, poiché è una spinta ideale verso l’umanità intera, un desiderio di pace univoco.
Questo è quello che riporta Wikipedia per descrivere il termine, che poi ne accoglie la filosofia stessa di benessere.
Luca Speranza, romano di nascita, è un ricercatore indipendente e studioso di vita naturale, benessere olistico e spiritualità. Sperimentatore di rimedi integrati e sistemi semplici per ottenere e recuperare salute e benessere, è l’ideatore del Bio Movimento Ri-Evolutivo, nonché personal trainer, istruttore di atletica leggera e insegnante di autodifesa.
Circa quindici anni fa inizia per lui un processo, tutt’ora in evoluzione, che lo porta a comprendere che mangiare “bio” non bastava per “vivere bene in città” e l’esigenza di un riavvicinamento alla natura sia fa via via più intensa.
“Cerchiamo di adottare uno stile di vita in risonanza con la natura, consapevoli degli effetti dei nostri comportamenti quotidiani – aggiunge – non dimentichiamo soprattutto che la tecnologia e l’innovazione, se da un lato facilitano la nostra vita, dall’altro lato possono avere un impatto devastante sia sull’uomo che sull’ambiente. Siamo consumatori che hanno cambiato molte abitudini adottando comportamenti più responsabili, innanzitutto verso noi stessi, in un’ottica condivisa e a lungo termine”.
Il Progetto Spazio Ubuntu prevede un percorso di unione di tipo socio-culturale che, come scopo principale, punta alla realizzazione di progetti eco-sostenibili ed autosufficienti volti alla riscoperta e alla valorizzazione, in loco, del patrimonio umano, territoriale e culturale attraverso percorsi di studio, ricerca ed evoluzione a 360 gradi.
Ognuno dei partecipanti si impegna sulla base di un piano di lavoro in cui tutti possono partecipare donando alcune ore della propria giornata per svolgere i lavori quotidiani necessari al mantenimento degli spazi comuni. L’organizzazione, restando comunque fluida, prevede degli incaricati per ogni area. L’idea è che ognuno trovi la propria dimensione in base alle singole attitudini e le mansioni con cui si sente più affine per poi organizzare in modo ottimale l’aspetto gestionale nella sua interezza. Il tutto sarà coordinato da un “Consiglio” ispirato alla filosofia Ubuntu, formato da chi ha voglia di partecipare e contribuire, di solito è il gruppo di persone maggiormente interessate o maggiormente contributive, secondo i principi della tempo-crazia.
La parte pratica del progetto, al momento, si struttura attorno ad una Associazione culturale e sportiva Fruttalia che vorrebbe attivare percorsi di formazione integrati, di ecologia e autoproduzione, corsi dedicati al bio movimento per tutte le età, ricerca studio e applicazione di principi di benessere e salute naturale.
Questa filosofia è un modus vivendi, operandi e pensandi, basato su tutto ciò che rotea attorno all’essere umano naturale.
Cosa può ognuno di noi fare per contribuire a questo processo impellente di cambiamento? Ognuno di noi è un tassello di grande puzzle in divenire. Bastano pochi elementi per avviare il riassetto su scala globale. Questo rappresenta l’incipit, un cambio di direzione significativo verso la Ri-evoluzione umana.
Già il filosofo Feuerbach asseriva: “Noi siamo quello che mangiamo. I cibi si trasformano in materia di pensieri e sentimenti”. Di fatto il concetto di cibo, nella cultura occidentale soprattutto, è troppo spesso distorto e sottovalutato. Il cibo è ciò che immettiamo nel nostro corpo, il cibo influenza dunque non solo il fisico ma anche la coscienza ed il modo di pensare, dunque di essere.
Il progetto Fruttalia-Ubuntu opera anche nel diffondere una cultura alimentare “originaria”, nel totale rispetto dell’essenza umana e del contesto che la ospita.
Il fulcro consiste nell’autoproduzione di alimenti naturali biologici, frutta, verdura ed erbe aromatiche e curative, con approfondimenti sulle loro proprietà. Parallelamente vengono recuperate antiche tecniche rurali per la coltivazione di semi antichi e per la riscoperta dei frutti con la realizzazione di un giardino botanico. Conservare, proteggere e utilizzare in maniera consapevole le risorse naturali.
La biofilia è innata nell’essere umano, ma va stimolata per poterne sviluppare tutto il potenziale. L’umanità deve tornare in armonia con l’ambiente e la Natura selvatica che non è mai stata addomesticata, essa è la nostra casa nonché patrimonio di biodiversità di questo pianeta.
Per quanto riguarda l’aspetto abitativo, l’attenzione è rivolta verso l’auto-costruzione di strutture eco-house in materiali naturali e a basso impatto ambientale. Ovviamente centrale è anche l’aspetto energetico che prevede la produzione in proprio di energia elettrica e termica.
Parlando di cultura, il progetto Ubuntu si pone come fulcro pulsante per l’accrescimento della consapevolezza dell’individuo in relazione con il prossimo e con l’Universo.
Lo sviluppo della creatività viene attuato attraverso il recupero delle tradizioni e degli antichi saperi e mestieri legati ad abilità manuali. L’Arte viene delineata su più fronti con un ventaglio di attività e proposte che contemplano: arte terapia, riciclo e recupero di oggetti, eventi, convegni, corsi, video documentazioni, musica, teatro, danza, libri.
È prevista anche la gestione comunitaria dell’istruzione sotto la formula dell’home schooling integrata, con un’offerta formativa costante per membri ed esterni. “Inoltre – afferma Luca Speranza – il progetto si propone di enfatizzare la bellezza della natura preservandone l’armonia in linea con le esigenze umane.
Notevole importanza assume pertanto la conservazione e la cura del patrimonio floreale ed arboreo locale, ma anche il recupero di specie antiche o specie utili al miglioramento del clima.
Un’ulteriore punto riguarda la volontà di creare una rete di scambio, e di promuovere la filosofia del dono, creando relazioni umane di mutua assistenza e commerciali in compartecipazione come transizione verso il mondo Ubuntu. A tal proposito, il progetto vorrebbe, attraverso le sue attività, favorire e sviluppare una visione nuova di economia, intesa nel senso originario del termine, ovvero ‘buone pratiche per la casa’, casa come corpo fisico, spirituale e ambientale”.
Riappropriarsi del proprio sé, dell’essenza della vita stessa, in un percorso rievocativo sia fisico che spirituale legato alla libera ricerca con una visione grandangolare: consapevolezza, cooperazione e condivisione.
Sappiamo che non è un obiettivo facile né tantomeno veloce da raggiungere per lo stato in cui ci troviamo, però sicuramente, possiamo effettuare un’opera di transizione graduale – conclude Luca Speranza – speriamo che questa nostra iniziativa sia da spunto per la creazione di simili modelli basati sull’economia di relazione, che va a sostituire l’economia della competizione, oramai sempre più ‘stretta’ e inadeguata. Il nostro intento è creare reti di aiuto, promozione e applicazione del contribuzionismo e della cooperazione Ubuntu. Inizialmente non è stata affatto semplice, e tuttora anche andiamo avanti fra vari ostacoli che prendiamo come sfide e spunti per capire, crescere, e migliorare, ed è per questo che oggi siamo sempre qui, “sul pezzo”, a lavorare per un mondo migliore come ‘sognavamo da bambini’. Sappiamo di essere umani e di commettere errori, però mai abbiamo perso la speranza di credere in un sogno e realizzarlo”.
Articolo di Katia Pangrazi estratto da qui: Wsimag.com