Presentazione progetto Contribuzionismo Ubuntu
Immaginiamo di camminare per strada, siamo immersi nei nostri pensieri oppure siamo concentrati sulla destinazione che dobbiamo raggiungere e sulle cose che dobbiamo fare. A un certo punto ci accorgiamo che una persona davanti a noi inciampa e perde l’equilibrio, ci rendiamo immediatamente conto che senza il nostro intervento quella persona cadrebbe rovinosamente a terra, magari facendosi anche male. Bene, cosa faremmo tutti in una situazione del genere? Interverremmo istintivamente per evitare che quella persona possa cascare e farsi male… è un gesto istintivo, non pensiamo in quel momento se la persona che stiamo aiutando, si merita il nostro aiuto, se è una brava persona o un farabutto, lo aiutiamo a non cadere perché questa è la nostra vera natura, rispondiamo a un istinto di collaborazione ancora prima di aver avuto il tempo di formulare un pensiero razionale. Ma c’è un secondo aspetto di questa situazione, forse ancora più eccezionale del primo: dal momento che noi siamo intervenuti per aiutare questa persona a non cadere, ci sogneremmo mai di chiedere qualcosa in cambio per il nostro aiuto? Direi proprio di no, noi stessi rimarremmo straniti di fronte a una richiesta del genere, “Visto che non ti ho fatto cadere ora devi offrirmi un caffè”. Questa pretesa suonerebbe stonata a chiunque, al massimo sarà la persona aiutata che potrà di sua spontanea volontà, offrirsi di pagare un caffè come gesto di gratitudine verso l’aiuto ricevuto, ma non è un obbligo e nessuno lo pretenderebbe.
Ora, quanti significati possiamo dare al termine “cadere”? In una società complessa e competitiva come la nostra, si può cadere in tanti modi diversi che non il semplice inciampare sul marciapiede, espressioni come “cadere in disgrazia”, oppure “caduta di stile” ci restituiscono subito l’idea di una situazione di disagio e difficoltà, sia economica che psicologica. Solo che nella maggior parte di questi casi, anziché intervenire in soccorso, facciamo finta di non vedere e andiamo dritti per la nostra strada, ci hanno costretti a soffocare la nostra vera natura, la nostra empatia, ci hanno abituato a lasciar perdere e tutto ciò è abbastanza triste.
Per nostra fortuna questi sentimenti che sono istintivi e innati nella natura dell’Uomo, non possono essere soffocati per sempre e prima o poi tornano a galla… basti pensare che attualmente nel mondo si contano più di 1 miliardo di persone impegnate nel volontariato, cioè persone che, oltre le loro ore di lavoro e impegni famigliari, dedicano del tempo e offrono i loro servizi a titolo totalmente gratuito per aiutare altre persone/comunità/associazioni.
Con il progetto Ubuntu andiamo oltre, perché rendiamo ancora più potente il significato del termine “contribuzionismo”, cioè integrare come elemento naturale e portante delle nostre vite, il contributo che possiamo dare alla realtà che ci circonda con la consapevolezza. Potremmo definirlo un “volontariato 2.0 ma senza quell’elemento di “assistenzialismo” che a volte caratterizza quel genere di azione. “Con il contribuzionismo il mio obiettivo non è quello di regalarti semplicemente un cesto di frutta, quanto invece di insegnarti a coltivare il tuo intero frutteto (variante vegan del proverbiale pesce pescato)… ” ecc ecc , perché ho la consapevolezza che il tuo benessere è uguale al mio.
Se ci feriamo al mignolo, tutta la mano ne soffre quindi dovremmo iniziare a capire che davvero “Gli altri siamo noi”, siamo tutti dita di una stessa mano e se qualcuno soffre, prima o poi quella sofferenza investirà anche noi. Come possiamo quindi uscire da questa ipnosi che ci fa credere che siamo tutti separati? Non con l’assistenzialismo o col baratto, bensì con il contribuzionismo, cioè offrire nei modi e nei tempi a noi più congeniali, il nostro contributo, senza pretendere per questo nulla in cambio, ma perfettamente consapevoli che questo produrrà (a breve, a medio o a lungo termine) un effetto positivo sulla società, sul mondo e in definitiva sulla mia vita e sulla vita dei miei cari, per le generazioni presenti ma soprattutto future. Il cambiamento parte sempre da noi e con il progetto Ubuntu ci diamo una straordinaria opportunità, decidere di farne parte o meno è, come sempre, una scelta che spetta solo a noi.
Dario Morandi per Progetto Ubuntu
Grazie
AMEN!