Il villaggio ideale esiste; immaginalo

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Negli ultimi mesi si parla sempre più di soluzioni, di villaggi di nuove comunità, ma salgono fuori anche le tante realtà e le molte difficoltà dei decenni passati nei vari tentativi di crearle. E quando si parla di queste idee e proposte, il progetto Spazio Ubuntu-fruttalia  è in prima linea. Abbiamo cercato di cogliere gli errori del passato, metabolizzarli, capirli, risolverli o evitarli e per questo già in partenza noi preferiamo parlare di spazi condivisi in villaggi a costellazione abitativa, liberi, e indipendenti, ma uniti negli ideali e nel progetto comune, come spiegato nel video su questo argomento.  Ho sempre inteso il legame fortissimo con la filosofia Ubuntu da usare come come linea guida base per qualsiasi scelta. A questo proposito pubblico la descrizione personale dell’amico Dario Morandi, che descrive bene i vari punti da tenere in mente e l’atteggiamento migliore da adottare per chi vuole muoversi in quella direzione;

“Se lo puoi immaginare, esiste; un nuovo progetto per uscire dal sistema”

Mi risulta molto difficile tratteggiare l’idea di un progetto perfetto, finalizzato a creare un micro-mondo perfetto, abitato da coscienze perfette. E questo non perché io non creda nella perfezione, in realtà sono sempre più convinto che quando si esce dalla logica del giudizio, tutte le dualità scompaiano all’istante. Di fatto non esistono il giusto e lo sbagliato, il buono e cattivo, l’alto e il basso, il dentro o il fuori. Tutto ciò che esiste è solo l’esperienza e la scelta.

E attenzione, il contrario della scelta di fatto non esiste perché anche la “non scelta”,  è essa stessa una scelta e ricade sempre sulla nostra responsabilità. E quindi ancora una volta la dualità non esiste, è solo un’illusione.
Cosa c’entra tutto questo con l’idea di avviare un progetto finalizzato a uscire dal sistema?

C’entra nella misura in cui non cadiamo (secondo me) nella trappola del “noi” contro “loro”… nel mio mondo ideale – per fare un esempio – non esistono i soldi, sono sempre più convinto che i soldi potrebbero non essere più necessari. Magari sono serviti in passato, ma hanno già da tempo esaurito il loro compito, come il baratto. Con tutte le meraviglie tecnologiche che potremmo avere già oggi a disposizione, l’energia libera, pulita e gratuita per tutti, il consumismo, l’inquinamento, l’obsolescenza programmata, la povertà e la miseria sarebbero ben presto un ricordo del passato e i soldi solo un curioso e pittoresco cimelio di epoche antiche.

Ciò nonostante sarà necessario un periodo di transizione, quindi anche immaginando un micro-cosmo a sé stante, non si può immaginare di essere completamente tagliati fuori dal resto del mondo, e uno strumento persino obsoleto come i soldi sarà ancora necessario.

Faccio un esempio pratico, la mia compagna ed io amiamo viaggiare, scoprire nuove realtà e assaporare storie e culture diverse… un giorno non saranno necessari i soldi per viaggiare – e forse persino gli aerei saranno sostituiti dai teletrasporti (tra parentesi, questa non è fantascienza… esperimenti promettenti sono già stati compiuti in tal senso) – ma per il momento non se ne può fare a meno.

So che la sto prendendo alla larga, ma il punto è che un progetto finalizzato alla creazione di un nuovo eco-villaggio,(ndr anche Uni-villaggi)  potrà avere successo solo se (sempre secondo me) ogni partecipante al progetto stesso, potrà mantenere la propria autonomia di scelta, movimento e indipendenza, altrimenti rischierebbe di trasformarsi nella ennesima setta. Potrà sembrare una banalità (e forse lo è), ma per un intento così radicale e importante, è giusto non lasciare nulla al caso.

Sulla moralità, coscienza e consapevolezza delle persone che faranno parte di questo microcosmo e sul loro desiderio di abbandonare un sistema che ci ha già reso schiavi e che punta al controllo assoluto e totale di ogni aspetto della nostra vita, non ho il  benché minimo dubbio, ciò non toglie che ci troveremmo tutti a questo punto del percorso (a questo incrocio potrei dire) provenuti da strade, esperienze e abitudini diverse e so per esperienza che la convivenza con basi di partenza tanto eterogenee non è facile, non lo è per una nuova coppia che si forma, figuriamoci per una comunità, il rischio di un’implosione a pochi passi dalla partenza è altissimo.

Qualcuno potrebbe obiettare il fatto che esistono già tanti eco-villaggi a dimostrare il contrario. Ho fatto un po’ di ricerca in merito e ho scoperto che nella maggior parte dei casi, gli eco-villaggi sono di fatto degli agriturismi, con una o due coppie al vertice (non di più), che gestiscono il tutto, e il resto della comunità che orbita intorno, con costanti uscite e nuove entrate ogni mese. Magari sbaglio e nel caso sarò felice di essere smentito senza avermene a male per questo.

Ecco perché ritengo l’impegno di un mutuo e dell’acquisto di un qualsiasi immobile, un rischio prematuro. Anni fa, la mia compagna ed io, desiderosi di libertà e leggerezza (intesa come “decrescita felice” e “resilienza”) avevamo indagato la possibilità di spostarci a vivere in camper presso un campeggio sul lago di Varese. Il progetto era a dir poco entusiasmante. In primo luogo il camper in questione era una casa di lusso su ruote (e questo lo sottolineo per lasciarvi visualizzare qualcosa di molto bello… in tutti i sensi) e il campeggio sul lago, un paradiso in terra.

Al contrario di una casa e di un mutuo da pagare in 25 anni, con 25 mila € il camper sarebbe stato subito nostro e senza interessi aggiunti, e con soli 1800€ l’anno, avremmo avuto acqua calda, corrente, linea wii-fii, pace e panorama… tutto compreso. Poi purtroppo non se ne fece più nulla per problemi logistici rispetto al luogo di lavoro troppo distante… ma il sogno è rimasto. Oggi, inaspettatamente, mi ritrovo a condividere quel sogno mai dimenticato, con un gruppo di nuovi amici.

Non sarebbe affatto male immaginare una situazione/sistemazione di questo tipo, come un campeggio autosufficiente, ognuno con la sua roulotte/camper/casa mobile… ognuno libero e indipendente, ma al contempo elemento attivo di un progetto comune, dinamico e in crescita nel tempo. L’obiettivo finale rimane la totale autosufficienza (a meno che nel frattempo il mondo non si risvegli a un cambiamento repentino e miracoloso – cosa nella quale voglio ancora credere), ma fino ad allora serve elasticità per gestire una situazione che sarà per forza di cose un “Regno di mezzo” tra il prima (cioè l’adesso) e il dopo.

In questo contesto saranno importanti le competenze da mettere in campo, non per ricreare in piccolo un sistema sociale uguale a quello che già esiste in grande, ma per far fronte alle diverse esigenze che potremmo trovarci ad affrontare. Con la sostanziale differenza però che tutti dovranno essere disposti a imparare cose nuove e all’occorrenza dare una mano anche in ambiti che fino ad oggi non sono mai stati di sua competenza.

Fosse per me poi, mi piacerebbe che tutti i “complici” di questo progetto, seguissero un’alimentazione il più possibile vegetale…. non tanto per un fatto etico (che per me è comunque importante), ma proprio per rafforzare quella indipendenza dal sistema che è il motivo principale per cui ho scritto questo articolo e aderito a questo progetto.

È infatti mia convinzione che l’invito di Ippocrate di Cos “Fai che il cibo sia la tua medicina”, sia quanto mai reale e concreto, e sarebbe difficile rendersi veramente indipendenti dal sistema se ogni tre per due dovessimo correre in farmacia o peggio al pronto soccorso. Ma è chiaro che tutto questo attiene alle scelte personali di ognuno e se le disattendessi andrei contro quella libertà personale di cui ho fatto cenno all’inizio di questo articolo. Tuttavia ritengo che possa valere la pena porsi qualche domanda in tal senso, quindi invito tutti voi, occasionali lettori, a farlo.

Manca ancora un punto importante. L’Italia è un paese geograficamente molto lungo e molte delle persone che fossero interessate ad aderire a questa idea di fondare un “sistema nuovo”, arriverebbero da zone diametralmente opposte, quindi per forza di cose dovremmo essere tutti disposti a spostarci e spostarsi significa anche allontanarsi dai propri affetti. Credo quindi che si debba considerare con grande consapevolezza anche questo punto, facendosi la seguente domanda: “Sono disposto/a a tirar su baracca e burattini e spostarmi altrove, lontano da luoghi conosciuti e da famigliari e amici per andare incontro a qualcosa di completamente nuovo e sconosciuto?”

Se la risposta è “no”, allora sarebbe meglio non iniziare nemmeno a parlarne. Questa risposta ovviamente non va data a me, ma a sé stessi. Io ho risposto “si”… per tutti gli altri, c’è sempre il libero arbitrio.

Grazie per avermi “ascoltato”.

Dario Morandi

Ecco un video in cui introduco alcuni concetti sul tema, fra cui i villaggi a costellazione abitativa:

 

 


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