Sono sempre stato dell’idea che un gruppo coeso, ha più forza di un singolo, e di spunto per il nostro progetto di Medit-Azione settimanale, mi fa piacere riportare chi di questa idea ci ha fatto uno studio. Sto parlando di Lynne Mac Taggart, che ha descritto e riportato nel suo libro: Il Potere dell’8, i risultati dell magica forza del gruppo:
Scopri come unire le energie miracolose di un gruppo di 8 persone può guarire sia la tua vita sia il mondo intero.
Lynne Mac Taggart: Per diversi anni, non credendo alle strane guarigioni che accadevano nei miei workshop, non ho voluto scrivere questo libro: in pratica, avevo difficoltà a gestire i miracoli. Non parlo di “miracoli” e “guarigioni” in senso metaforico; mi riferisco a veri e propri eventi miracolosi, come la moltiplicazione dei pani e dei pesci, situazioni straordinarie e impreviste in cui le persone, dopo essere state divise in gruppetti e aver ricevuto un pensiero di guarigione collettivo, guarivano istantaneamente da problemi fisici di ogni genere. Sto parlando del tipo di miracolo che sfida tutte le nozioni che ci hanno insegnato sul presunto funzionamento del mondo.
L’idea di dividere il pubblico in gruppetti di circa otto individui nacque durante un seminario, quando mi venne la curiosità di sapere cosa sarebbe successo se tutti i membri del gruppo avessero cercato di guarirne uno attraverso i loro pensieri collettivi. Li presentai come gruppi del “Potere dell’8“, ma avrei potuto anche chiamarli gruppi del “Potere di 8 milioni“, vista la potenza che dimostrarono e lo scossone che assestarono a tutte le mie conoscenze sulla natura degli esseri umani.
In quanto scrittrice, sono attratta dai grandi misteri della vita, dalle domande più profonde, come il significato della coscienza, le esperienze extrasensoriali, la vita dopo la morte e, in particolare, dalle anomalie che contraddicono il buon senso. Mi piace scoprire, come disse lo psicologo William James, l’unico corvo bianco che serve a dimostrare che non tutti i corvi sono neri. Nonostante le incursioni nel campo dell’extra ordinario, con la mia formazione di giornalista investigativa nel cuore resto una reporter con la testa dura e cerco sempre di costruire un’impalcatura di prove concrete.
Non sono incline a riferimenti esoterici, misticismi, aure, né uso in modo indefinito o poco preciso i termini “quantico” ed “energia”. In realtà, non c’è niente detesti più delle chiacchiere fumose senza fondamento scientifico, perché rischiano di togliere credibilità al mio lavoro. Non sono né atea né agnostica. Una parte di me, profondamente spirituale, resta convinta che gli esseri umani siano più di un ammasso di sostanze chimiche e impulsi elettrici. Ma il motivo per cui resto attaccata alla Linea Maginot che separa il materiale dall’immateriale è che mi affido alle curve a campana e agli studi in doppio cieco per fondare la mia fede.
La mia stessa visione della natura della realtà, relativamente convenzionale, subì una prima scossa dopo le ricerche per Il campo quantico. Avevo iniziato a scrivere quel libro nel tentativo di spiegare perché, dal punto di vista scientifico, l’omeopatia e la guarigione spirituale funzionano, ma presto il lavoro mi portò in un nuovo, strano territorio, una rivoluzione nell’ambito scientifico che sfida molte delle nostre convinzioni più profonde sull’Universo e sul suo funzionamento.
Gli scienziati di frontiera che incontrai nel corso delle mie ricerche, tutti con credenziali impeccabili e legati a istituzioni prestigiose, avevano compiuto scoperte incredibili sul mondo subatomico, che sembravano sovvertire le attuali leggi della biochimica e della fisica. Avevano trovato prove del fatto che tutta la realtà poteva essere connessa attraverso il Campo del Punto Zero, un campo di energia quantica sottostante e una vasta rete di scambi di energia. Sparuti biologi avevano condotto esperimenti pionieristici che indicavano che il sistema di comunicazione primario dell’organismo non sono le reazioni chimiche, ma le frequenze quantiche e le cariche di energia subatomica. I loro studi dimostravano che la coscienza umana è capace di accedere a informazioni oltre i convenzionali limiti di spazio e tempo.
In numerosissimi esperimenti avevano fornito prove del fatto che probabilmente i nostri pensieri non sono chiusi nella nostra testa, ma sono capaci di superare i confini fisici e in grado di attraversare persone e oggetti e persino di influenzarli.
Ciascuno di questi studiosi si era imbattuto in un aspetto della nuova scienza, una visione del mondo completamente nuova. Scrivere Il campo quantico mi spinse a ulteriori indagini sulla natura di questa nuova visione della realtà. M’incuriosiva soprattutto la principale implicazione di queste scoperte:
i pensieri erano qualcosa di reale e avevano la capacità di modificare la materia fisica.
Quell’idea continuava ad assillarmi. Erano stati pubblicati svariati best seller sulla legge dell’attrazione e sul potere dell’intenzione, sull’idea cioè che fosse possibile manifestare ciò che si desidera di più semplicemente pensandoci in modo mirato; sopraffatta da tante domande imbarazzanti, restavo però piuttosto scettica. Mi chiedevo se si trattasse di un potere vero e in quale misura fosse applicabile a qualunque ambito. Che cosa ci si può fare? Stiamo parlando di curare il cancro o di spostare una particella quantica?
E la domanda più importante di tutte per la mia mente era: Che cosa capita quando tante persone si concentrano sullo stesso pensiero contemporaneamente? Se ne amplifica l’effetto? Dagli studi che avevo analizzato per Il campo quantico, era chiaro che la mente sembrava in qualche modo inestricabilmente connessa alla materia e, in effetti, in grado di alterarla. Ma questo fatto, che sollecitava profondi quesiti sulla natura della coscienza, era stato banalizzato da alcune analisi popolari e trasformato nell’idea che fosse possibile raggiungere una grande ricchezza con la forza del pensiero. Volevo offrire qualcosa che andasse oltre la manifestazione di un’auto e di un anello di diamanti, oltre l’ottenere più cose.
Avevo in mente un’impresa più audace. Sembrava che questa nuova scienza sovvertisse tutte le nostre presunte conoscenze sulle capacità proprie dell’uomo e volevo vedere fin dove potevano arrivare. Se disponevamo di uno straordinario potenziale esteso di questo genere, ne seguiva che dovevamo agire e vivere in modo diverso, secondo una visione radicalmente nuova di noi stessi, come parte di un tutto più grande. Volevo verificare se quella capacità era abbastanza potente da guarire le persone o magari anche il mondo. Come un San Tommaso dubbioso del ventunesimo secolo, fondamentalmente cercavo un modo per dissezionare la magia.
Il mio libro successivo, The Intention Experiment – Studi scientifici sul campo quantico, riunendo tutte le ricerche credibili sul potere della mente sulla materia, si proponeva di fare proprio questo; l’obiettivo del libro, però, era anche un invito. Pochissimi studi, infatti, erano stati condotti sull’intenzione di gruppo e progettavo di colmare quel vuoto arruolando i miei lettori come parte di un corpo sperimentale per uno studio scientifico sull’invio di pensieri collettivi.
Dopo la pubblicazione del libro, riunii un consorzio di medici, biologi, psicologi, statistici e neuroscienziati di grande esperienza nella ricerca sulla coscienza. Periodicamente, invitavo il mio pubblico virtuale, o quello reale delle conferenze o dei corsi, a inviare un apposito pensiero specifico per modificare un certo obiettivo collocato in un laboratorio e stabilito da uno degli scienziati con cui collaboravo, che poi calcolava i risultati per vedere se le nostre intenzioni avevano avuto qualche effetto. Alla fine, il progetto si trasformò nel più grande laboratorio globale del mondo e coinvolse centinaia di migliaia dei miei lettori internazionali in alcuni tra i primi esperimenti controllati sulla capacità di un’intenzione collettiva di modificare il mondo fisico. Anche se certi esperimenti erano piuttosto rudimentali, persino i più semplici furono condotti in rigorose condizioni scientifiche seguendo un accurato protocollo. E tutti, tranne uno, furono realizzati con uno o più controlli e anche “in cieco”, per cui gli scienziati coinvolti erano informati dell’obiettivo delle nostre intenzioni solo dopo che il lavoro era finito e i risultati calcolati.
Ero molto poco convinta che avremmo ottenuto risultati positivi, ma ero disposta a fare un tentativo. Scrissi a molti partecipanti al progetto che il risultato degli esperimenti contava meno della semplice disponibilità a esplorare l’idea, poi lanciai il libro e due mesi dopo, con un respiro profondo, diedi il via al primo esperimento. Come poi constatammo, gli esperimenti diedero riscontri positivi. Molto positivi. Dei trenta esperimenti realizzati, ventisei produssero un cambiamento misurabile, quasi sempre significativo, e tre dei quattro non riusciti avevano incontrato semplici problemi tecnici. Per contestualizzare questi risultati, basta dire che quasi nessun farmaco prodotto dall’industria farmaceutica può rivendicare un simile livello di efficacia.
Fu un anno dopo l’inizio degli esperimenti globali con gruppi di migliaia di persone che decisi di riproporre l’intero processo nei miei corsi, creando alcuni gruppi del Potere dell’8 e chiedendo ai membri di inviare pensieri di guarigione. Per me, finché non si rivelò efficace al di là di ogni aspettativa e finché persone da tempo malate non raccontarono guarigioni miracolose e quasi istantanee, si trattava solo di un altro esperimento, più informale, e quasi avventato. The Intention Experiment catturò l’attenzione del pubblico. Persino Dan Brown, autore di best seller, incluse me e il mio lavoro in uno dei suoi libri, Il simbolo perduto. Ma i risultati degli esperimenti in sé sono solo una parte della storia. In realtà, non sono la parte più importante. Ora mi rendo conto che quando conducevo questi esperimenti e quelli con i gruppi del Potere dell’8 mi ponevo quasi sempre le domande sbagliate. I punti fondamentali riguardavano il processo stesso e le sue implicazioni sulla natura della coscienza, sulle nostre capacità di esseri umani e sul potere del collettivo. I risultati sia dei gruppi sia degli esperimenti, per quanto incredibili, sbiadivano al confronto di quello che accadeva ai partecipanti.
L’effetto più potente dell’intenzione di gruppo avveniva proprio su chi inviava l’intenzione, aspetto che tutti i libri più famosi in materia hanno praticamente ignorato. A un certo punto cominciai ad accorgermi che l’esperienza stessa dell’inviare un’intenzione in gruppo innescava grandi cambiamenti nelle persone: modificava la percezione della coscienza individuale, eliminava il senso di separazione e individualità e poneva i membri del gruppo in quello che può essere descritto solo come uno stato di unità estatica. In tutti gli esperimenti, che fossero più o meno estesi, globali o limitati ai gruppi del Potere dell’8, osservavo la stessa dinamica: una dinamica così potente e incisiva che permetteva il verificarsi di miracoli sui singoli. Registrai centinaia, se non migliaia, di questi miracoli istantanei nelle vite dei partecipanti: guarivano da serie patologie di vecchia data:
Ricucivano relazioni sfilacciate. Riscoprivano il loro scopo nella vita o lasciavano un lavoro di routine per cominciare una carriera più avventurosa o soddisfacente. Qualcuno di loro si trasformò proprio davanti a me. E non erano presenti né sciamani né guru, e non veniva eseguita alcuna complessa cerimonia di guarigione; anzi, non era necessaria nessuna esperienza pregressa.
Per innescare tutto questo era bastato solo riunire le persone in gruppo. Mi chiedevo cosa mai gli avessi fatto. All’inizio non credevo ai miei occhi. Per anni attribuii alla mia immaginazione iperattiva quelli che sembravano effetti “di rimbalzo”, ossia ricadute positive indirette che di riflesso coinvolgevano chi era parte attiva della meditazione di guarigione.
Come continuavo a ripetere a mio marito, avevo bisogno di raccogliere più storie, condurre più esperimenti e mettere insieme più prove concrete. Una volta raggiunto quest’obiettivo, però, le mie scoperte cominciarono a spaventarmi e mi misi in cerca di qualche precedente storico o scientifico. Alla fine mi resi conto che quegli esperimenti mi stavano fornendo, in modo più profondo e concreto, una prova tangibile di qualcosa che prima comprendevo solo a livello intellettuale: le storie che ci raccontiamo sul funzionamento della nostra mente sono palesemente sbagliate. Anche se nel Campo quantico avevo parlato della coscienza e dei suoi effetti sul dominio del grande e del visibile, ciò di cui ero testimone superava persino le più estreme di queste idee.
Tutti gli esperimenti che conducevo, tutti i gruppi del Potere dell’8 evidenziavano che i pensieri possono arrivare a persone e persino a oggetti a chilometri di distanza, e hanno la capacità di modificarli. I pensieri quindi non si dimostravano soltanto in grado di esercitare una certa influenza, ma addirittura di risolvere qualsiasi difficoltà nella vita umana.
Questo libro è il tentativo di comprendere i miracoli che si sono verificati durante gli esperimenti, per capire gli effetti provocati nei partecipanti e inserirli nel più ampio contesto della scienza, delle pratiche esoteriche e delle religioni istituzionali. E’ la biografia di un evento casuale, un’impresa umana nella quale mi sono imbattuta, che sembra avere precedenti antichi, persino nelle prime chiese cristiane. Il Potere dell’8 parla anche di me e di cosa accade a qualcuno come me quando le regole del gioco, le regole che hai seguito per tutta la vita, all’improvviso non valgono più.
I risultati raggiunti dai gruppi sono notevoli, ma non sono il fulcro della storia. Questa storia parla del potere misterioso di guarire la tua vita, potere che porti dentro di te e che, paradossalmente, si scatena nel momento in cui smetti di pensare a te stesso.
Tratto da: Macrolibrarsi.it/prologo-il-potere-dell-8-libro-di-lynne-mctaggart
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