Mangiare è un piacere irrinunciabile per molti … giustificato dal bisogno di mantenersi in vita su questo pianeta ! Ma la schiavitù del cibo, la dipendenza eccessiva dal mangiare per sfogarsi da alcune emozioni, o per cercare un affetto che manca, è qualcosa che ormai condiziona pesantemente le nostre vite .
Spessissimo ormai mangiamo semplicemente per noia, per riempire dei buchi emozionali. Mangiamo troppo e disordinatamente, e non ve lo scrivo dall’alto di “una torre di avorio”, ma dalla posizione di uno di quelli che si è sfogato per anni riempiendosi di dolci, fritti e di pastasciutta. Questa situazioni mi ha creato molti problemi in passato, ma allo stesso tempo mi ha dato consapevolezza della situazione reale di dipendenza emozionale dal cibo. Ho potuto coscientemente riflettere e percepire in pieno le sfaccettature e le varie motivazioni, fra cui a forse una mancata intimità con la madre durante l’allattamento o una mancanza di affetto generale che si è cercato poi di compensare con la masticazione continua, e con un impegno digestivo senza sosta, per non pensare e tenere occupata la “mente-pancia” intesa come “secondo cervello” biologico-centro delle emozioni.
Su questo argomento ha scritto molto bene la la Dott.ssa Carla Sale Musio (vedi articolo Mangiare per vivere o vivere per mangiare)che spiega chiaramente la connessione tra quello che accade nei primi mesi di vita e la disfunzionale relazione col cibo che si avrà negli anni futuri:
“Durante le poppate il piccolo ritrova (almeno in parte) la fusione con il corpo materno e sperimenta nuovamente la totalità che esisteva prima della nascita. Nella nostra frenetica vita moderna, però, quello è spesso anche l’unico momento d’intimità concesso alla madre e al bambino. Gli orari di lavoro, la gestione della casa, l’accudimento di altri fratellini e un certo tipo di pedagogia distolgono l’attenzione della mamma, impedendole quella dedizione totale di cui ogni nuovo nato ha bisogno per superare positivamente il trauma della nascita.
Queste considerazioni, naturalmente, valgono soltanto per la nostra specie. Umana.
Gli animali dedicano ai loro cuccioli un tempo totalizzante e di appartenenza reciproca che le mamme umane, per assolvere le tante richieste della società, sono costrette a delegare a nonni, baby sitter e asili nido. L’allattamento, perciò, diventa un momento preziosissimo per il bambino che, almeno in quello spazio di tempo, può rivivere l’unità originaria, sperimentando la sensazione di esclusività e di potere che deriva dal sentirsi contemporaneamente se stessi e il mondo, in un unico Tutto inscindibile.
Sull’argomento consiglio anche un altro buon articolo sempre scritto dalla Dott.ssa Carla: La schiavitù emozionale del cibo
Un altro aspetto che crea dipendenza alimentare è tutto quel “terrorismo” sul cibo e sulla “paura di restare senza alimenti e morire di fame” che sembra derivare da tutte quelle carestie che hanno passato i nostri nonni . Ma ormai è più vero il contrario e cioè che sprechiamo e buttiamo via il cibo a tonnellate, sia quello che non consumiamo che quello che mangiamo in modo eccessivo per le nostre esigenze. Questa è una paura atavica delle mamme, o nonne e anche le baby sitter, che ancora influenzano i bambini utilizzando spesso certe frasi e luoghi comuni per convincere i bambini a mangiare anche minacciandoli con frasi del tipo .
- “Se continui a fare il cattivo, andrai a letto senza cena!”
- “Devi mangiare se no, non diventi grande”
- Oppure : “Se non mangi viene il Lupo cattivo(o l’uomo nero) che si mangierà tutto”
Ma poi ci sono anche tutte le altri frasi frasi che potreste ampliare a vostro piacimento nei commenti a questo articolo che ci riportano ai vari condizionamenti su cibo
- “Pensa ai bambini che muoiono di fame e finisci quello che hai nel piatto!”
- “Mangia tutto, perché la roba da mangiare non si butta via!”
- “Padre nostro che sei nei cieli, dacci oggi il nostro pane quotidiano…”
- etc etc etc
Cosa possiamo fare quindi ?
Dico sempre che tutto è relativo ed ognuno ha un cammino e delle soluzioni personali, ma in generale, la prima cosa che farei è rilassare la mente, evitare lo stress, impegnare la mente con altre attività.
In seconda analisi consiglio di studiare testi sull’argomento e lavorare su una rieducazione mentale del nostro rapporto mentale con il cibo
Grazie
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