Differenza tra digiuno e sciopero della fame

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scala dell'evoluzione alimentare

Verso la fine dell’800 gli operai che lavoravano in fabbrica decisero di non collaborare ed in modo nonviolento, anziché armarsi per combattere il “padrone”, incrociarono le braccia iniziando a praticare l’astensione – lo sciopero dal lavoro.
Nel secolo scorso M. K. Gandhi, anziché armarsi per combattere il “nemico”, decise di praticare l’astensione – lo sciopero dal cibo (quindi far la fame) per far deperire dentro di sé l’aggressività, nel tentativo di dialogare con la controparte per convincerla, per “vincere con”, per vincere insieme.
In Italia Marco Pannella e i radicali in questi ultimi quaranta anni, sulla scorta delle esperienze nonviolente fatte dal Mahatma, sono arrivati a decidere, in alcuni momenti di particolare urgenza, di praticare l’astensione – lo sciopero dal bere (quindi far la sete).
Da sempre lo “sciopero della fame dei radicali” è consistito nel non ingerire cibi solidi ma bensì bere nell’arco delle ventiquattro ore tre cappuccini per un totale di circa 390 calorie.
Lo sciopero della fame dei radicali simboleggia questo: astenendomi dall’ingerire cibo, dal mangiare, io dimostro al potere – che è il mio interlocutore – che intendo davvero dargli fiducia, sino a rivoluzionare la sua coscienza. A questa fiducia io do letteralmente il mio corpo, lo indebolisco e non lo nutro, non lo rendo atto ad una forma di lotta che sia materiale, fisica, violenta.
I nonviolenti dicono che lo sciopero della fame è l’ultima arma della speranza, non della disperazione, e che hanno il diritto di praticarlo solo nel momento in cui tutti gli altri strumenti del dialogo sono stati portati avanti, ma il potere esita a rispettare i propri impegni.
Durante lo sciopero della fame i radicali utilizzano le ore, che perderebbero mangiando, per fare un’attività frenetica al fine di raggiungere l’obiettivo prefissato.

Tutt’altra cosa è la pratica salutistica della “dieta idrica” o “digiuno volontario” (bere solo acqua stando a riposo).
Il digiuno può essere “igienico” se a scopo preventivo o “terapeutico” se per guarire la malattia, secondo il principio della VIS MEDICATRIX NATURAE, enunciato da Ippocrate.
All’inizio della storia il digiuno era già conosciuto in India, in Persia, in Cina ed in Grecia nel corso delle feste elusine e nelle tesmoforie; digiunavano anche i Fenici, gli Egizi, gli Assiri ed i Babilonesi; i Druidi in Europa e gli Indiani d’America dell’epoca precolombiana. E’ tuttora adottato da molte tribù africane ed australiane.
Questa pratica compare in tutte le religioni: nella giudeo-cristiana; nella religione islamica di cui è uno dei cinque precetti fondamentali; nei Veda; nel bramanesimo; nell’induismo; nella tradizione yogica; nel gianismo. E’ tuttora praticato dai buddisti tibetani.
Praticavano il digiuno gruppi mistici o iniziatici come i pitagorici, gli esseni, i sufi, i catari, i terapeuti, gli stiliti e molti celebri anacoreti.
Era consigliato dai medici della Scuola Salernitana.
Fra le figure più note della storia che ricorsero a lunghi digiuni: Mosè, il profeta Elia, Gesù, Pitagora, San Francesco, San Benedetto, Francesco di Paola, Caterina da Genova, Bernardo di Chiaravalle, Romualdo dei Camaldolesi, Tommaso d’Aquino, Ignazio di Loyola, Francesco di Sales, Aurobindo, Yogananda, Krishnamurti ed il grande mistico Abd al-Qadir al-Gilani.

P. S. – Per quanto riguarda le iniziative politiche nonviolente come gli “scioperi della fame collettivi e mondiali”, promossi dai radicali, quali quelli per un Governo Afghano con presenze femminili e quello relativo alla Cecenia, sono chiamati “Satyagraha” – “forza della verità”, come li definiva M. K. Gandhi.
Nel caso di iniziative politiche, è importante, per non generare confusione, che non si parli di “digiuno” ma di “sciopero della fame o della sete”.
Il digiuno, pratica – completamente diversa – è esercitata, in tutto il mondo, per scopi terapeutici o religiosi, mai per motivi politici.

Articolo tratto da :  

http://www.vegetarian.it/mra.php?id=digiuno&rid=mra


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